L’Oms riconosce il burnout come “fenomeno occupazionale” e come “sindrome” perché, sebbene la percezione dello stress sia psicologica, questo influisce, a lungo andare, sulla salute fisica delle persone. In questi mesi di emergenza sanitaria, tutti i lavoratori, in primis il personale sanitario e medico, sono stati esposto a diverse fonti di stress: dalla sofferenza dei loro pazienti a quella dei familiari, dalla paura di essere loro stessi portatori del virus nelle mura domestiche, alla difficoltà di gestire smartworking e famiglia, fino alla paura della perdita di lavoro.
Con la ripresa graduale delle attività lavorative, dovremo integrare, per lungo tempo, le misure protettive collettive ed individuali sul lavoro. Fra le misure di controllo da tenere c’è la raccomandazione a rinviare i lavori non essenziali a quando il rischio sarà ridotto, a limitare l’interazione con e tra i clienti, a effettuare il ritiro e la consegna merci fuori dai locali, a ridurre il più possibile il contatto fisico tra i lavoratori, facendo il più ampio utilizzo di prestazioni da remoto, o smart working. Consiglia inoltre di introdurre una separazione fisica tra lavoratori, ad esempio attraverso fogli di plexiglass, pareti divisorie e contenitori mobili. Tutto ciò è fonte ulteriore di stress e ansia per molti.
La ripresa del lavoro richiede oggi più che mai un supporto. Ne parliamo con Raffaella Cecchini, psicologa del lavoro, in questo webinar gratuito, dalle 20.30 alle 21.30, sarà anche occasione di presentazione del percorso di supporto per prevenire il burnout e stress lavoro correlato accompagnando la ripresa, in partenza dal 20 maggio.
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